Calzo 39 o 40, a seconda del modello. Di Anastasia porto il colore dei capelli, uno splendido ramato spudoratamente artificiale. A Genoveffa invidio l’altezza. Di Cenerentola ho gli occhi, un bell’azzurro 100% originale in perfetto stile Mendel, quel salto di generazione che da piccola mi faceva dubitare di essere stata adottata. La cifra stampata sotto le calzature deve aver avuto per me un significato intrinseco perché alle elementari (ops! Oggi si dice scuola primaria… ), iniziavo i temi descrittivi della famiglia con il numero di scarpe dei miei genitori. A distanza di anni so che la fortuna più grande è stata la loro capacità di tenermi ancorata al terreno. I piedi per terra li ho tenuti nudi sulla realtà, senza pesi o misure. Loro che mi hanno permesso di sognare al punto giusto, senza dover per forza contrarre il piede in una scarpetta gridando:

– “Le va!!! Le va!!!” –

Loro che hanno viaggiato con me nella zucca più bella e divertente che ci sia al mondo. Che peraltro potrei essere la reincarnazione della fata smemorina, che se mi dici tre cose ne dimentico quattro. Non ho faticato a piacermi, sono piaciuta a loro. Non ho faticato ad amarmi, mi hanno amata loro. Ho “infanziato” felice ed è merito loro. Quando la mia scarpetta di cristallo è andata in mille pezzi, loro erano lì, a reincollarla insieme a me. Non mi hanno chiuso in facili schemi. Non mi hanno imposto troppe idee. Mi hanno concesso le domande più scomode senza mai rispondermi che ero troppo piccola per capire. Mi hanno insegnato a non invidiare. Mi hanno lasciato ridere. Correre. Prendere freddo. Litigare. Ammalare. Sbagliare. Scegliere. Giocare. Abbracciare e baciare. Non sono stati genitori perfetti, meno male. Non ho dovuto essere la figlia perfetta, meno male. Siamo una famiglia imperfetta dalle mille forme: due genitori dagli occhi marroni, due fratelli che amo alla follia (un po’ imperfetti anche loro) ed una Cenerentola dai piedi grandi. L’unica forma perfetta che io conosca è l’amore, in ogni peso o misura. Se dovessi dipingerlo sarebbe un prato rosa a margherite bianche e blu. Perché ho ricevuto mille gesti d’affetto con un foulard di quel tipo. E l’amore, si sa, si lega agli oggetti in maniera indissolubile. Lo so che i prati sono verdi e le margherite sono bianche e gialle e bla, bla, bla… ma se hai la fortuna di essere stata istruita e non indottrinata, la tua creatività sarà salva. Mi hanno posto i giusti limiti senza accorciarmi le ali. Ed ho volato alla giusta quota. All’anno che verrà non ho nulla da chiedere. Avendo ricevuto risposte chiare a tutte le domande che ho posto, non ho mai avuto cavoli prolifici nel mio giardino o cicogne volanti con bambini nel becco ma, se così fosse stato, avrei sicuramente sussurrato loro di fermarsi, scendere giù pian piano e lasciarmi lì, nella famiglia dalle mille forme, perché proprio quello è il posto giusto per me!”.