A due settimane dalla calata del sipario sul Sanremo canoro, anche i rumors più famelici hanno smorzato i loro toni. Trattasi di afonia provvisoria, un vortice di pettegolezzi sarcasticamente esilaranti giunti in stand by. Fino al prossimo anno. Fino al prossimo Ariston canterino. Fino al prossimo bersaglio da colpire. Senza pietà e senza competenza alcuna. Perché passino i critici di professione, ove per professione s’intenda la profonda conoscenza di ciò su cui si andrà a disquisire, ma dei “tuttologi sanremesi” con il colpo in canna pronto all’uscita, non se ne può più. Si inizia tristemente settimane prima. Se fai colazione al bar, intingi il cornetto con la solita solfa nell’aria. Il popolo sovrano si suddivide in entusiasmanti: “Stasera guarderò Sanremo”. Prontamente affondati da decisi: “Ma tu sei fuori! Ma neanche se fosse l’ultimo programma che mi concedessero di vedere prima del patibolo!!!”. E così, tra bar ed uffici, si protrae una vivace disputa tra SANREMO SI – SANREMO NO, con dissertazioni poliedriche che nemmeno il più importante dei referendum popolari. E mentre tu pensi che nel 1951, se fossi già nata quando Nilla Pizzi ringraziava “dei fior”, avresti volentieri reso gratitudine a lei, per aver dimostrato che in quei tempi le donne potevano dar “voce alla loro voce” non solo nelle urla da parto, ecco che la criticona da bar, mentre tu immergi il croissant, si permette di sindacare sul lato B della valletta dell’edizione in corso, dimenticandosi del suo lato U che, nel frattempo, chiacchiera amorevolmente con il retro rotula. Infervorata a tal punto sull’alfabeto delle natiche, da non ringraziare neppure del caffè servitole al tavolo. Macchiato. Con tanta schiuma. Che si scioglierà lentamente durante le sue valutazioni estetiche di primo pelo. “Mi scusi?! Ma questa non è schiuma! È latte!! Me lo rifaccia per cortesia!!!”. Quella cortesia della quale faresti anche a meno.

Le più divertenti sono le “fashioniste per un giorno”. Per ogni serata del festival, rilevano un difetto dell’abito che nemmeno lo stilista più esperto sarebbe in grado di cogliere. Non ci si capacita di come le stesse possano, al tempo stesso, consigliare alle amiche la loro sarta di fiducia che “attacca i bottoni che è una meraviglia!”. Peccato poi il non aver compreso come non sia sufficiente applicare la complementarietà dei colori per abbigliarsi in maniera decente, che se lo stivaletto arancio sta sotto la gonna bluette, l’ottica vibrante si trasferisce ai peli delle braccia, che si innalzano urlanti in stile Edvard Munch. E mentre tu ti perdi “Nel blu dipinto di blu” della gonnella in questione e sapendo di “Non avere l’età” né tantomeno il tempo di perderti in argomentazioni di stoffe al millimetro, termini il tuo cappuccio e saluti il barista, al quale vorresti dire “Ciao amore, ciao” per ringraziarlo della fantastica colazione.

Avendo la mattinata libera, ti lanci nella tua “Avventura” tra le vetrine e se c’è chi “Per Elisa” non si stanca di guardarle, tu ti stanchi in fretta ed acquisti in velocità. Non hai una “Vita spericolata” e la tua “Terra promessa” oggi è guardare la partita di tuo figlio, al quale non sarai di certo tu, fra qualche anno, a chiedere: “Portami a ballare”, ma la ragazzina che speri sappia parlargli di “Sincerità”, perché se adesso sopra un pallone è tutto così semplice, quando a rotolare saranno i suoi ormoni ,”Un giorno mi dirai”.

Al banco della merceria l’ipocrisia si fa sovrana. La signora stivaletto al tramonto su gonna oceano, che sembra avere il dono dell’ubiquità, confida orgogliosa alla merciaia che il figlio violinista potrebbe suonare alla prossima edizione di Sanremo. Tra un bottone e l’altro, ti accorgi che il suo percorso è a ritroso. Rispetto a chi sputa nel piatto dove ha mangiato, lei si prepara a mangiare dove ha sputato finora, insomma un insieme di sputi e note musicali.

Perbacco!

La vita sorprende. E insegna. Se la vuoi maestra. Ti sputa come un lama, se la pretendi scolara.

Dei “tuttologi del cachet” m’incuriosisce la coerenza, che una parte dei bacchettoni che s’indignano degli alti compensi dei conduttori, sono probabilmente gli stessi che “L’sms solidale non lo mando perché ci mangiano sopra! A me non mi fregano sai, non sono mica nato ieri!!!” …😑… Quel saggio uomo di mio nonno, poche parole per grandi concetti, diceva sempre che, riguardo alla beneficenza, c’è un’unica certezza, contro mille giustificazioni: se non la farai, non arriverà nulla a nessuno. In caso contrario, foss’anche l’1%, sarà sempre meglio di Zero.

Di Sanremo scanso sputi ed indosso occhiali. Di quelli che mi permettono di vedere oltre il palcoscenico. E non importa se guarderò o no il festival, ma avrò corretto la miopia che rende banale la critica per principio. Sono cresciuta a canzoni e da Sanremo ho imparato molto. Anche senza guardarlo. Ho imparato l’ammirazione per chi si mette in gioco reggendo tremante un microfono. Ho respirato l’eleganza delle parole ormai automutilate dalle abbreviazioni dei nostri tempi. Mi sono immedesimata nel fare impacciato che ha colto negli anni anche i migliori conduttori. E tu, che ridi da casa puntando il dito spietato, messo su quel palco saresti con ogni probabilità un babbeo dall’inizio alla fine. Ed il lama ti sputerebbe impietoso!

Quest’anno di Sanremo ho visto la premiazione. Del vincitore mi ha colpito il pianto. Un uomo che sa commuoversi è tutt’altro che un citrullo. Con prole e consorte in pole position nel “grande letto”, in quel contatto gomito schiena che ti spacca le ossa e rafforza il cuore, ci si chiede chi vincerà. Mia figlia che attende impaziente l’arrivo di Cracco, mio figlio che studia l’architettura del palcoscenico, per trasferire qualche idea nel suo mondo MINECRAFT.

Succede così.

Che dalla vita ognuno prende ciò che più gli aggrada.

Da Sanremo anche. Lo puoi criticare, appallottolare come un foglio di carta e gettare come si buttano i cattivi pensieri. Ma lui sarà sempre lì, a brillare sulla critica più nera con le sue lettere arcobaleno. E tu dovrai fare i conti.

Con i tuoi pensieri.

Che più saranno positivi, più imparerai a scansare gli sputi. Ed avrai una vita meno mediocre e più canterina. Il tuo mondo passerà di livello. Noi a Sanremo rubiamo una N. Se riusciremo a capire ciò che SAREMO, le canzoni ci apriranno un nuovo universo.

Cavalcheremo il lama.

Lo parcheggeremo davanti al bar.

E saluteremo il barista.

– “Stamattina “Caffè nero bollente”, grazie!

A ‘sto giro si cambia solfa!” –