Tubetto blu notte si sentiva solo. Era una solitudine non voluta, quasi indipendente dalla sua voglia di essere ma allo stesso tempo invalidante.

Fin da tubettino, aveva pian piano smesso di sorridere ed i suoi abbracci gli si erano bloccati dentro. La padronanza del proprio sguardo si era affievolita… Sembrava quasi che i suoi occhi fossero più timidi.

Mamma Tubetta non aveva mai smesso di parlargli, nonostante lui sembrasse sordo. Ed aveva imparato ad abbracciarlo con delicatezza, senza aspettarsi nulla in cambio. Allo stesso modo, continuava a sorridergli, di un sorriso volutamente poco rumoroso e non indisponente.

Venne il tempo della scuola e Mamma Tubetta, con fare gentile, accompagnò Tubetto blu notte nella sua nuova classe, raccomandandogli di stare tranquillo e di iniziare a contare in caso di agitazione.

Il primo giorno, Tubetto blu notte contò fino a mille. Così il secondo ed il terzo giorno. Il quarto volle stare a casa. Il quinto giorno, contò fino a novecento. E nel cento che avanzava osservò a tratti i suoi compagni. I Tubetti colorati non contavano. Correvano, saltavano vivaci fuori dalla loro scatola ma, soprattutto, ridevano in maniera eccessivamente fragorosa.

Tubetto blu notte li conobbe pian piano, dedicando trecento a loro e settecento al conteggio.

Tubetto giallo lo aveva spesso invitato per far verde. Tubetto rosso lo cercava per far viola. Entrambi lo chiamavano a far marrone. Ma lui non voleva. Anzi, avrebbe voluto ma non poteva. Il cambiamento lo intimoriva e lo agitava.

Si susseguirono numerose pittrici che, interagendo con i tubetti, dipingevano paesaggi meravigliosi. Avevano più volte cercato invano a Tubetto blu notte il suo colore, ma lui preferiva starsene alloggiato nella scatola, perfettamente dritto e senza che nessuno gli togliesse il tappino, che poi sarebbero seguite carezze di pennello per lui destabilizzanti.

Nei quadri Tubetto blu notte non c’era mai. E Dio solo sa quanto avrebbe desiderato esserci. Ma l’interazione finiva sul nascere. Tubetto blu notte riprendeva a contare e le varie pittrici riprendevano ad ignorarlo. Era tutto più semplice. Ma molto più triste. Finché una mattina arrivò una nuova pittrice. Aveva gli occhi celesti ed in quello sguardo Tubetto blu notte volle provare a guardare. E si sentì tranquillo. Quella mattina contò solo cinquecento.

La Nuova Pittrice gli disse che sapeva contare molto bene. Finora glielo avevano detto solo Mamma Tubetta e Papà Tubetto.

Si emozionò.

 Non lo diede a vedere, ma lei lo capì.

La mattina successiva, la Nuova pittrice comunicò alla classe che non avrebbero dipinto paesaggi. Tubetto blu notte, temendo di non aver ben capito, smise di contare ed alzò lo sguardo. E sentì una proposta che sapeva di meraviglia. Avrebbero dipinto una scatola di colori, dove ogni tubetto avrebbe rappresentato semplicemente se stesso.

Un’idea pazzesca!

Tubetto blu notte abbassò lo sguardo e si giocò la felicità tra le dita. Dall’agitazione si dimenticò di contare. Era arrivato a quattrocento.

Il problema era che avrebbe dovuto togliersi il tappino e, pur volendo comparire in quel quadro meraviglioso, l’idea lo bloccò.

– Tubetti, svitatevi i tappini ed iniziate pure a colorare – disse la Nuova Pittrice.

Poi, avvicinandosi a Tubetto blu notte, gli disse con fare gentile:

– Tubetto blu notte, tieni pure il tuo tappino, prenderemo insieme un po’ di colore dal fondo del tubetto… Ti va? –

Dal fondo!

DAL FONDO!!

D A L  F O N D O ! ! !

E chi ci aveva mai pensato a proporgli un’alternativa del genere?! Ma certo che gli andava!

Si dondolò un poco, parlò con le sue mani, contò dieci e poi, guardando i capelli della Nuova Pittrice, acconsentì con un timido accenno del capo.

I Tubetti colorati erano al settimo cielo! Avrebbero fatto un quadro tutti insieme!!! E poi, anche per loro, era una novità rappresentare se stessi. Nel riconoscimento della sua diversità, Tubetto blu notte si sentì uguale agli altri Tubetti colorati. Lui imparò a guardare fuori, loro impararono a guardarsi dentro. E l’interazione si compì in empatia. Ne risultò un capolavoro.

Alla fine dell’anno scolastico, il quadro fu mostrato alle Famiglie Tubette. L’entusiasmo fu eclatante. Qualcuno non lo capì. Un paio di Genitori Tubetti, ancorati alla zavorra del luogo comune, azzardarono una critica.

Che cadde nel vuoto.

Cancellata come un colpo di spugna sull’onda dell’amore che il quadro aveva creato.

Ci fu un applauso immenso. Per Tubetto blu notte un po’ fragoroso, ma estremamente gradito.

Si sentì felice.

E compreso.

La Nuova Pittrice restò per l’intero percorso scolastico. Tubetto blu notte imparò gradualmente a mischiare il proprio colore, preso dal fondo, con gli altri Tubetti e comparve timidamente in ogni quadro. Anche nel cielo dei paesaggi. Gli era stata data la meravigliosa possibilità d’interagire con forme e colori differenti, nel rispetto della sua unicità.

A fine percorso contava cento, ma la Nuova Pittrice gli disse che andava bene così, che avrebbe dovuto tenere sempre un cento in tasca per affrontare le nuove avventure.

Prima delle vacanze estive, la Nuova Pittrice venne salutata con un’esposizione completa dei quadri che aveva creato con tutti i tubetti. Al momento del saluto, qualche tubetto la baciò, qualcuno la strinse forte ed in molti si commossero.

Tubetto blu notte l’avvicinò delicatamente, le accarezzò con grazia i capelli e si fece svitare il tappino di un quarto appena. Poi se lo fece richiudere subito e le sorrise. Alzò timidamente lo sguardo e vide che gli occhi celesti della Nuova Pittrice tenevano dentro qualche lacrima. Ma lui sapeva bene che non era triste, perché, proprio lei, gli aveva spiegato che esistono anche le lacrime della felicità.

Le stesse degli occhi marroni di Mamma Tubetta.

( 2 Aprile, Giornata della consapevolezza dell’autismo )