Marzo.

Mattina qualunque, d’una domenica qualunque.

Dopo una chiacchierata a fil di dunque, con un amico dall’animo assolutamente non qualunque, parto in fissa con una canzone che gli vorrei inviare ma della quale non ricordo né titolo, né cantante.

Conoscendo solo una minima parte di vocaboli inglesi, giusto quanto basta per non annaspare nel digitale e nel quotidiano, ne origina un dramma linguistico al limite del ridicolo. La ricerca del ritornello sul web mi sconquassa a tal punto da ridurmi, in un attimo di testardaggine isterica, a cantarla direttamente a SHAZAM il quale, serafico e professionale, se ne esce con un freddo e poco incoraggiante:

!

NESSUN RISULTATO.

Non è stato possibile trovare un risultato.

RIPROVA”

Almeno nei boeri, dopo il NON HAI VINTO, RITENTA, ci si deliziava la gola con cioccolato e liquore, ma qui NO, per SHAZAM la mia gola andrebbe semplicemente resettata nel profondo delle sue corde vocali.

Ottimista fino allo stremo, insisto con questo “get get get down” che mi birla in testa e finalmente, passando con balzo di quasi quattro decadi da GET DOWN ON IT di Kool & The Gang, a THE GET DOWN di Baz Luhrmann e Stephen Adly Guirgis, giungo giuliva sulle note dell’elettrizzante e mitica  I LOVE TO LOVE di Tina Charles.

È l’infinito.

M’acchiappa l’ego una felicità repentina e travolgente alla quale è impossibile sottrarsi, catapultandomi in doccia a suon d’amplificatore. Sdocciata e gioiosa, preparo la colazione danzando e roteando a più non posso, come fossi “la protagonista di un libro con già un fiume di parole scritte” (G.L.).

Mi riapproprio egoisticamente di tutto il tempo che mi aggrada e vado avanti per ore, impastando cantando e cucinando ballando, a suon di auricolari wireless anche per un piccolo tratto di strada, lasciando a chi dovesse vedermi dalle finestre, la rassicurante convinzione di credermi folle.

Il pazzo, l’amante e il poeta non son composti che di fantasia?” *

To be, or not to be?” **

Che non stia, forse, nel lasciarsi andare nel tentativo di essere, la felicità? Quella che si può acchiappare ogni giorno a pugni stretti, prendendola un po’ per le corna, questa vita, e forse anche un po’ per i fondelli, per non farsi incornare.

Srotolando un filo rosso a distanza, verso chi sa stordire amabilmente deliziando dentro.

La sete di felicità riduce gli spazi.

Si “gerarchizza” nei bisogni, dolcemente insegnando, a chi lo voglia intendere, che “il tempo che ci divertiamo a sprecare non è tempo sprecato e certe cose che non sono necessarie, possono essere essenziali” (Abraham Maslow)

Mi chiedo in quale girone mi collocorebbe Dante. Se l’eccessiva spensieratezza sia da ritenersi pertanto negligenza o follia.

O, semplicemente, cibo per l’anima.

In senso lato.

Il medesimo e struggente senso con il quale osservo i miei figli, augurandomi che imparino ben presto ad esser felici a piccoli passi.

Un ballo alla volta.

Mi osservano e sorridono sornioni.

Sanno di avere una madre poco ordinaria, di vocaboli abitudinaria e per certi versi avversaria.

È una costante sfida all’inusuale che si adatta al reale, ma di Amore totale.

Quell’Amore pieno, gioioso, canterino.

Che danza sulla perfezione, prendendola sottobraccio e dileggiandola con dolcezza.

Ballando fino a cadere.

“We dance until we drop… ”

Raggiungendo l’apice di quella gratificazione sublime che poi, ahimè, si conta il giorno dopo in panni da stirare.

 

* “SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE” (Wlilliam Shakespeare)

** “AMLETO” (William Shakespeare)

• Quadro Michael Jackson: Paola Geranio.

• Foto: Alice G.