Giornata lavorativa alle spalle.

Arrivi di corsa, in una sorta di Bolt al femminile, in un negozio d’abbigliamento perché gli shorts, che avevi visto un mese prima e che convolerebbero a nozze con la canotta svolazzante che da settimane t’implora di uscire dall’armadio, quelli no, in valigia non possono mancare.

Peccato che la stessa valigia dev’essere in macchina fra poco più di due ore, insieme ai bagagli di prole e consorte (tra palette e secchielli) che tu, puntualmente, devi ancora ultimare. E meno male che tuo marito possiede quel tanto d’indipendenza da prepararsi la sua, di valigia, riducendo a tre il numero di quelle che devi preparare tu.

In quel pizzico di tempo che rimane per cercare gli shorts in questione, sempre che ci siano ancora, ti rendi conto che le semirette che scandiscono i minuti a disposizione dello shopping si sono ristrette, passando da un angolo piatto ad uno acuto ed è in quell’angolo che devi trovarli, provarli e finalmente acquistarli.

Entri nel fatidico negozio pensando di uscirci in pochi secondi ma poi arriva lei, “L’IPERCOMMESSA”, super avvolgente, super assordante al punto che sei tentata di rilevarla in Shazam per depennarla dalla lista delle tue canzoni preferite ma poi, disgraziatamente, ti accorgi di aver lasciato il cellulare sull’auto e decidi di affrontarla a quattr’occhi in un discorso da copione:

– Buongiorno Signora, posso aiutarla? –

Ormai abituata ad esser chiamata, tuo malgrado, Signora da poco dopo la laurea (però, caspiterina, non è che una non sia più una ragazza dopo i vent’anni), rispondi con gentilezza che stavi semplicemente cercando degli shorts visti un mese prima e che hai già notato non esserci più della tua taglia. Non l’avessi mai detto! Ecco che “l’ipercommessa” dona dimostrazione immediata di tutto il suo savoir faire, spiegando sotto il tuo naso venticinquemila alternative, senza ascoltare quando tu le ricordi imbarazzata che ti interessava solo quel paio di shorts, che comunque non ha importanza se non li hai trovati, di non disturbarsi a spiegare l’intero negozio ma lei, niente, imperterrita nella sua intenzione di mandarti a casa con un capo nel sacchetto, che ti piaccia o no, che indosso ti stia bene o no, cocciutamente logorroica al punto che ti chiedi se sia “ipercommessa” od “ipersconnessa”. Rinunci nell’intento di fermarla ed inizi ad annuire per inerzia fino a che lei, in un lampo di lucidità, capisce che ti interessavano solo gli shorts e così, pensando di accontentarti ti infligge serafica il colpo di grazia:

– Ma guardi, Signora, che tra la taglia che cerca e la taglia dopo non c’è nessuna differenza, li prenda comunque, vedrà, è la stessa cosa! –

Eh già!

E taglie allora che esistono a fare, non sparare cazzate, vorresti dirle sentendoti presa per il lato B e pensando che lei non sappia minimamente a quanti carboidrati hai dovuto rinunciare per diminuire una taglia. Proprio a te, che la pasta e il pane li mangeresti a colazione! Altro che dieta iperproteica. Ma poi, notando che l’unica cosa che continua a diminuire è l’ampiezza del tuo angolo, ti ricomponi e, visto che ti chiamano Signora, saluti con gentilezza ed esci dal negozio prima che le tue semirette diventino coincidenti.

Sali in macchina, butti un occhio sul numero a due cifre che appare in rosso sull’icona della cornetta e ti avvii tutto sommato divertita verso casa.

Esistono altri due tipi di commesse, secondo la tua esperienza.

“L’IPOCOMMESSA”.

Quella statica, colei che non ti vede entrare od uscire dal negozio, lei che se le chiedi un consiglio sembra dartelo a peso d’oro. E attenzione a non rubarle del tempo perché il suo dev’essere rigorosamente un angolo giro, 360 gradi di giramenti di palle che guai a chi mi disturba, 360 occhiate alle lancette dell’orologio che non arrivano mai alle fatidiche 19.30. Che alle 19.20 la saracinesca spunta di un quarto e guai a chi entra perché quel “SIAMO IN CHIUSURA!!!” gridato con le fiamme alle narici sarebbe stata un’ottima ispirazione per David Lowery nella stesura de “Il drago invisibile”. Ma il massimo delle sue doti “l’ipocommessa” lo esprime alla cassa. Potresti aver comprato 835 capi ma lei, di una freddezza polare, ti consegna lo scontrino e non permetterti di salutarla, che riusciresti a tirarle fuori dai denti un buonasera stonato, mentre pensi che una fanciulla così perbene non la incontravi da tempo.

E poi c’è lei.

”LA NORMOCOMMESSA”.

Non importa se per caso nella tua adolescenza hai ballato nuda sui prati, se hai sfidato ogni schema leggendo libri anticonformisti sdraiata sulla moquette della tua stanza e manifestato le tue idee con zampa d’elefante, eskimo e bandana, ora, in bilico tra l’eccessiva esuberanza e la tediosa apatia delle due precedenti esperienze, cerchi la norma e la trovi in lei.

La “normocommessa” non ha angoli. L’apertura a 360 gradi riguarda solo la sua mente. È dolce, sorridente, ti accoglie con un soave:

– Buongiorno, se vuole dia pure un’occhiata, in caso di bisogno mi chiami –

Parlandoti al giusto limite di decibel ed in perfetto equilibrio tra l’invadenza ed il menefreghismo. Lei, che, se è il caso, ha il sacrosanto coraggio di dirti se un abito non ti dona, poiche non sempre la verità fa male lo sai. Lei che è perfettamente in grado di proporti alternative allettanti senza pressione alcuna e lei alla quale tu, che ripieghi sempre e comunque i capi che provi, daresti volentieri una mano a sistemare anche il magazzino.

E non fa niente se alla fine gli shorts non li hai trovati, perché torni a casa più felice se al posto di un pezzo di stoffa hai incontrato una persona gentile.

Se dovessi pensare ad un colore per ognuna di loro, “L’IPERCOMMESSA”, quando connessa, sarebbe sicuramente un bel giallo fluorescente, come quei braccialetti che si illuminano al buio e non si spengono per ore.

“L’IPOCOMMESSA”, la vedresti bene nel blu, tenebrosa ed enigmatica.

Infine lei, la salvatrice di turno,

“LA NORMOCOMMESSA” che dipinge di rosa le giornate di chi la incontra, quel bel fucsia che da bambine ci piace tanto e che sta d’incanto ad una principessa come lei.

Che la gentilezza e la solarità sono pietre preziose.

Quasi a casa, sulle note dell’autoradio, approcci similitudini di genere comportamentale.

Ti viene in mente che “L’IPERMAMMA”, in bicicletta con il figlio, dotato giustamente di casco, ginocchiere, guanti e gomitiere, assetto ruota 12″, urla come una pazza alla prima caduta, cercando un dottore e spaventando il bambino stesso che, peraltro, si era già rialzato ma, leggendo il terrore negli occhi della mamma, si terrorizza anch’esso urlando a squarciagola.

Stessa situazione stessa ferita.

“L’IPOMAMMA”, in azione proprio non ci entra.

– Ma si, dai  alzati, non ti sei fatto niente, vai avanti! –

Grida a 50 metri, senza verifica alcuna, perchè in preda all’evoluzione di un Pokemon che, per carità, in campagna di selvatici ce ne sono a bizzeffe!

L’azione della “NORMOMAMMA” sta sempre nel mezzo.

Una funambola fra bianco e nero, ma guai a chiamarlo grigio,  perché la sua solarità non lo meriterebbe…a passeggio con il figlio,caschetto protettivo e null’altro,si avvicina al suo ginocchio sbucciato e lo pulisce delicatamente: “Forza dai,ti farà un pochino male ma poi ti passerà,intanto andiamo avanti nel nostro giro,a casa lo laviamo con acqua e sapone così stasera dirai al papà che oggi sei stato bravo a sopportare il dolore!”. Il bambino s’illumina,il ginocchio sanguina un poco ma lui sembra non rendersene conto continuando a pedalare verso il suo atto di coraggio da raccontare a papà……………..che la gestione del dolore s’impara da piccoli. Tra una riflessione e l’altra,chiedendoti che mamma sei e che commessa saresti,arrivi finalmente a casa,quattro valigie veloci,una l’ha preparata il papà perché lui è avanti,il sapone nel beauty case in caso di cadute,che l’acqua la troviamo al mare,la canotta che grida nell’armadio che finalmente viene ascoltata e si parte,a casa lasci tutti gli assiomi e tutti gli angoli,nella certezza di aver trascorso un bel pomeriggio. La prossima estate,oltre alla partenza intelligente,vedrai di rendere intelligenti i tuoi acquisti giocando d’anticipo. Nel frattempo,osservi sorridente la canotta di voile,appesa in extremis nel baule,che svolazza felice nella sua prima gita fuori porta alla ricerca di un amore estivo…e meno male che tu abiti in un Pokéstop, che le Poké Ball le prendi tranquillamente di notte,strizzando un occhio all’enigmistica sul comodino, che il cervello lo evolverai domani!