SCARPEDIVENTO nacque veloce.

Si gettò fra placenta ed aria in tre giri di quadrante, preciso come uno svizzero e bello fin dal primo battito di ciglia.

Di precisione e velocità fece carattere. Di bellezza non fece vanto. Si rese timido ma sicuro.

Sorridente e testardo.

Sincero e birbante.

Curioso e riservato.

Di risata allegra e parola misurata.

Corse e ricorse.

Crescendo fra occhi celesti e sguardi attenti.

Osservazioni accurate e ascolto mirato.

Letture intense e fughe dal mondo.

Scrittura stampata e quaderni amici.

Ebbe sette maestre.

Come i colori dell’arcobaleno, se li si conta con Newton.

LA MAESTRA ROSSA.

Rosso.

Il color della passione per antonomasia.

Della maestra Rossa, non era raro trovar la forma delle labbra su fronti e guance degli infanti, quei baci rubati d’istinto. Di carattere deciso e voce possente, la maestra ROSSA insegnava balli fra parole, ballando ella stessa tra fermezza, lacrime e dolcezza.

Una sorta di borsa alla Mary Poppins, piena di emozioni, vissuti e sfaccettature.

LA MAESTRA ARANCIONE.

Color degli animi artistici ed utilizzato dai buddisti per favorir la concentrazione, l’arancione e l’omonima maestra danzavano su palchi di teatro ed insegnavano a contare fra banchi di scuola.

Sommando e dividendo.

Moltiplicando e sottraendo.

Con sorriso e leggerezza.

Fare materno e sbarazzino.

Voce morbida e delicata.

D’aumentar di decibel talvolta, per riposizionar il gruppo scolaresco festante.

LA MAESTRA GIALLA.

Color di sole e luna, il giallo.

Luce di pianeti riflessa dalle stelle, fra le quali la maestra gialla andava spiegando il creato ed il Creatore.

Energica, sorridente, diretta e solare, per l’appunto, tal maestra. Priva di ambiguità e giri di parole, portava ai propri alunni la parola di Dio.

LA MAESTRA VERDE.

Verde.

Il colore dei prati.

Colore, neutro, situato al centro dello spettro luminoso, a metà fra i colori caldi ed i colori freddi, rappresenta l’equilibrio. E, come una funambola, la maestra verde, presi i propri alunni al centro del percorso, li condusse fra storie di uomini d’altri tempi, esperimenti e luoghi del mondo.

Lo fece in perfetta armonia.

Fra autorità ed indulgenza, fra serietà e sorrisi, fra amore ed insegnamento.

Con competenza sopraffina e modi garbati.

LA MAESTRA BLU.

Il colore del mare e del cielo di notte. E la maestra blu parlò ai suoi bambini di mari e cieli, di terre lontane e di tempi passati.

Li prese piccini e lì fissò tutti quanti, nei propri pensieri ed in centinaia di foto. Foto pazienti, scelte, scattate fra mura scolastiche e prati esterni.

Con dedizione ed amore.

Tenacia e maternità.

Sicurezza ed educazione.

LA MAESTRA INDACO.

Delicata come il color che sfuma da una tinta all’altra.

Soave, di maniere gentili e sorriso dolce.

La maestra indaco dava una seconda lingua alle parole. Di finezza infinita ed eleganza di pensiero, proponeva nozioni gratificando menti ed animi.

LA MAESTRA VIOLETTO.

Donò ai più piccini una lingua nuova con cui vestir parole.

Lei li vestì di sensibilità, tocco delicato e sorrisi.

Con quell’inclinazione del capo tipica delle persone amorevoli.

Le sorridevano gli occhi.

E con essi il cuore.

SCARPEDIVENTO visse sette insegnanti ed altrettanti mondi.

Sette modi di porsi.

Si pose a metà, lui, fra il darsi e il non darsi.

Un passo indietro ed uno avanti.

Non si diede mai completamente.

Ma osservò.

Osservò con una tal profondità da riuscir a descrivere quei sette mondi alla madre a tal punto, da confidargliene le sfumature più profonde. In cinque anni, seppe raccontarle di atteggiamenti, vissuti ed emozioni. Le lesse un libro con sette protagoniste, ognuna a suo modo, nella sua unicità.

Sembrò non ascoltare, forse, in realtà scrutò nel profondo e narrò storie.

Storie di donne ed insegnanti.

Storie di percorsi iniziati e portati a termine, vissuti ed indossati.

Che l’insegnamento, in fondo, ricorda un abito che si riadatta ad ogni alunno.

Ed un bagaglio.

Da riempire ad ogni partenza.

Ritrovandolo pieno a fine percorso.

Un po’ stravolto.

Fra ciò che si è donato e ciò che si è ricevuto in dono. Fra sentimenti che si sovrappongono e competenze disciplinari che sembrano passare in secondo piano.

Perchè l’orizzonte si osserva ad occhi velati.

E non sono lacrime.

Ma emozioni.

Di quelle che ti tengono il cuore in pugno e lo accartocciano.

Senza timor che appaia poi sciupato.

Poiché in quelle pieghe, restano ancorati quei piccini che si son presi per mano alla materna e si son portati alle soglie dell’adolescenza.

E che sembra di veder grandi tutto d’un tratto, accidenti!, quasi che una volta chiusi libri e quaderni, tirate le cerniere di astucci e zaini e riposizionati banchi e sedie, ci fosse più tempo per buttarsi gli occhi negli occhi e salutarsi.

Abbracciarsi.

Un arrivederci soltanto.

A passo veloce fra un’età e l’altra.

Una staffetta di cuore fra due percorsi.

Con scarpe più lunghe, anima a colori e vento nei capelli…

• Fotografia: Claudia Brugna.